Rapa Nui. L’Isola di Pasqua

Nell’Oceano Pacifico, a 3500 km dalla costa cilena, si trova l’Isola di Pasqua un tempo chiamata Rapa Nui (“grande Rapa”, per la somiglianza secondo i primi abitanti con un’isola polinesiana di nome Rapa).

Luogo affascinante e misterioso, nonostante le difficoltà legate alla distanza è molto visitate. Qui infatti si trovano le grandi statue dei Moai, scolpite nel tufo vulcanico e disseminate in gran parte lungo la costa. Le statue furono erette dal popolo originario della Polinesia che in passato sbarcò e abitò l’isola.

Come mai eressero queste giganti statue dai volti gravi e solenni?

Volti giganti: i Moai

Le statue furono costruite tra l’XI e il XVIII secolo, e rappresentano gli antenati degli scultori. I volti grandi e austeri, rivolgono lo sguardo verso l’orizzonte: si pensava che gli occhi delle statue, costruiti in corallo e ossidiana, avessero il potere di emanare il mana, capace di dominare i fenomeni naturali e stimolare la fertilità. La roccia veniva sbozzata con l’aiuto di piccoli scalpelli di basalto detti toki, e la stata veniva calata tramite corde sul fondo della cava per essere rifinita con strumenti ricavati dall’ossidiana.

Quasi mille sono le statue ancora presenti sull’isola, alcune raggruppate in complessi:

– Ahu Tongariki: il punto più scenografico situato sulla spiaggia, ai piedi del vulcano Poike. Qui quindici Moai sono allineati su di una piattaforma lunga più di 100 metri;

– Ahu Akivi: in questo sito si trovano sette statue rivolte verso il punto in cui il sole tramonta all’equinozio;

– Strada dei Moai: una strada che porta fino al cratere del vulcano Ranu Raraku dove furono scolpite la maggior parte delle statue, è fiancheggiata da Moai abbandonati in varie fasi di lavorazione.

Il clan esiliato che qui aveva trovato nuova dimora, abitò quest’isola per oltre mille anni, ma molti furono gli scontri e gli scismi sull’isola. Ad un certo punto si smise di costruire le statue, così che molte furono lasciate incompiute.

L’arrivo degli europei

Una nave della flotta olandese della Compagnia delle Indie Occidentali, comandata da Jacob Roggeveen, avvistò l’isola nella domenica di Pasqua dell’anno 1722, rinominandola così Isola di Pasqua.

Nella seconda metà dell’Ottocento, una nave spagnola prima e la spedizione di James Cook dopo sbarcarono sull’isola. Molti isolani vennero deportati e usati come forza lavoro in Perù e a Tahiti; pochi rimpatriarono, a causa di malattie portate dalla terraferma, e di questi ne sopravvissero ancora meno. Fu così che  trasmissione delle antiche tradizioni, miti e genealogie venne in gran parte dimenticata.

Nel 1888 il Cile annesse l’isola, trasformandola in un grande allevamento di pecore e confinando gli abitanti ad Hanga Roa, sorte che cambiò solo nel 1953. Da metà degli anni Trenta del ‘900, l’isola è un Parco Nazionale.

Visitare l’Isola di Pasqua

Con strade affiancate da grandi palme e case di legno ad un solo piano, l’isola è oggi un luogo molto tranquillo. L’unico centro abitato è Hanga Roa, con quasi 6000 abitanti. L’attività economica prevalente è il turismo, e sebbene esistano alcuni grandi alberghi, i cittadini stessi offrono ai turisti le loro case per pernottarvi. Bar, ristoranti e discoteche si trovano nei pressi del porto, e le merci vengono quasi tutte importate.

L’isola si raggiunge infatti solo tramite aereo, atterrando all’aeroporto di Mataveri, situato su uno dei vertici.

Sull’isola c’è un percorso percorribile in bicicletta e altre attività come escursioni subacquee intrattengono piacevolmente i turisti.

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